uno spazio dedicato a te

Cosa significa fare un percorso di psicoterapia

I motivi per cui si inizia un percorso di psicoterapia possono essere davvero molti e ciò che li accomuna potremmo definirlo come una sofferenza alla quale da sol* non si riesce a trovare una via d'uscita, oppure chi ci sta a fianco non ha strumenti sufficienti per aiutarci.
Perché si tratta essenzialmente di questo, farsi aiutare, a livello emotivo, per ciò che proviamo di doloroso e stressante, per determinati pensieri, che ingolfano le nostre menti, proiettandoci in un passato che vorremmo modificare perché troppo doloroso da accettare così com’è stato, così com’è andata... o catapultandoci continuamente in un futuro che ancora deve venire.
In particolare questo correre con la mente continuamente avanti nel tempo per cercare di prevedere il “non conosciuto” scatena in noi mille paure per ciò che potrebbe accadere, e che non possiamo controllare ma la nostra mente ci illude che pensandoci e ripensandoci possiamo avere un qualche potere predittivo. E tutte le emozioni e i pensieri che viviamo, diventandone preda, finiscono inevitabilmente per influire sulle relazioni e/o sulle scelte che facciamo o vorremmo fare, oltre che sulla qualità del nostro stesso vivere.

Psicoterapia: un'arrampicata assistita

Il dr. Russ Harris, uno psicoterapeuta che usa l'approccio Act, usa un'immagine per descrivere quello che di fatto è un percorso a due, tra la/il terapeuta e la/il paziente: metaforicamente stiamo scalando ciascun* la propria montagna, solo che chi copre il ruolo del/la terapeuta ha una visione dalla montagna del/la paziente più ampia e può aiutarla/o a scegliere i passi migliori per riuscire a scalarla. Dalle sue parole:

“Molte persone arrivano in terapia credendo che il terapeuta sia una sorta di essere illuminato, che ha risolto tutti i suoi problemi, e ha messo tutto a posto, ma in realtà non è così. È più come se tu stessi scalando la tua montagna là in fondo e io stessi scalando la mia montagna quaggiù. E da dove sono io, sulla mia montagna, posso vedere cose sulla tua montagna che tu non puoi vedere, come una valanga che sta per cadere, o un sentiero alternativo che puoi imboccare o che non stai utilizzando la tua piccozza in modo efficace. Ma ti prego di non credere che io abbia raggiunto la cima della mia montagna e mi sia seduto e rilassato, a prendermela con calma. Il fatto è che io sto ancora scalando, sto ancora facendo errori e sto ancora imparando da questi. E alla fine, siamo tutti uguali. Stiamo tutti scalando la nostra montagna. Ma il bello è che tu puoi migliorare sempre più ad apprezzare il viaggio. E questo è il lavoro che faremo qui, si lavora insieme, siamo una squadra!” – Russ Harris

Questa metafora spiega alcune cose importanti: la prima è che chi guida non si pone (perlomeno in approcci cognitivo comportamentali) come colei o colui che possiede una verità interpretativa assoluta della situazione/percorso che la/il paziente sta vivendo, ma si tratta di una collaborazione in cui certamente si hanno dalla parte del/la terapeuta degli strumenti da consigliare ma - ed è un secondo aspetto importante della metafora - si tratta, semplificando, di aiutare ad avere una visione diversa, più chiara e più ampia della propria situazione di vita rispetto a quella nella quale invece ci si sente bloccate/i e per cui si chiede aiuto. Ma ciascun* sta scalando la propria montagna e le scelte quindi del/la paziente sono e saranno sempre personali e rispettate.

Durante un percorso di psicoterapia si possono utilizzare diversi strumenti per affrontare la sofferenza che si porta. Il primo che accomuna molti approcci tra loro è quello di legittimare la difficoltà che si sta vivendo. Non è una colpa, non è qualcosa con cui entrare in lotta, ma c'è una ragione per cui è emersa e merita tutta la nostra accoglienza e comprensione. Solo ascoltando e accogliendo il proprio soffrire possiamo pensare a un cambiamento.


aprirsi alla propria sofferenza

Nel percorso intrapreso si esamina anche la situazione difficile nella quale ci si trova da nuovi punti di vista, con tutte le implicazioni non solo del presente ma anche della propria storia di vita. Si inizia a dare un nome a ciò che si prova e ai tipi di pensieri che ci condizionano, oltre che affrontare i comportamenti che possono far soffrire noi e chi ci circonda, come gli agiti di rabbia, l'ansia invalidante o che ci fa agire in modi apparentemente incomprensibili, oppure le dipendenze da sostanze, che possono anche essere semplicemente il cibo stesso.
Si tratta di imparare innanzitutto ad accogliere se stess* e ciò che si sta affrontando, con la sofferenza che si sta vivendo, per poi trovare insieme gli strumenti interni ed esterni più adatti per non farsi più dominare dal problema che si vive e tornare a condurre una vita che sia ricca del significato importante che vogliamo darle.